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Abstract

La tesi cerca di mettere in evidenza il tema della teoria delle strutture voltate attraverso circa quattro secoli di storia, affrontando con continuità e completezza di argomenti tutto l’arco cronologico oggetto di interesse; la tesi mostra inoltre un’iconografia delle più ampie disponibili attualmente; non per ultimo, la tesi mette in relazione quattro fra le più importanti cupole europee con le teorie contemporaneamente maturate in ambito scientifico. Attraverso l’analisi del disegno degli archi contenuto nel taccuino di Villard de Honnecourt, della pergamena incisa da Giovanni Gherardo da Prato e del trattato di Vitruvio, si sono potuti mettere in evidenza alcuni importanti concetti noti fin dall’inizio del Quattrocento. Il cosiddetto metodo della frazione era un metodo progettuale già noto nel Medioevo, come testimonia il taccuino di Villard de Honnecourt. E’ possibile, inoltre, affermare che il meccanismo di un cuneo e la geometria degli elementi fossero dei concetti noti fin dall’inizio del periodo preso in considerazione da questa tesi. Inizialmente basato su un modulo o su un dimensionamento proporzionale, il progetto di una struttura voltata diventa un argomento dibattuto nel settore scientifico. Con il progredire del calcolo matematico, il dimensionamento delle strutture è un ambito sempre più caratterizzato da specialisti del settore. Non bisogna dimenticare i passaggi, anche quelli meno noti, che hanno reso possibile un tale progresso. In particolare ci si riferisce a una continuità tematica che si è cercato di evidenziare durante tutto l’arco cronologico oggetto del presente studio: da Leon Battista Alberti a Leonardo da Vinci, alle questioni aristoteliche discusse nel XVI secolo, alle forme scelte da Sir Christopher Wren per la cupola di St. Paul a Londra, ai dibattiti sorti in seno alle Accademie di Europa e a quelli scatenati sulla stabilità delle tre cupole di Santa Maria del Fiore a Firenze, di San Pietro in Vaticano e di Sainte-Geneviève a Parigi. La tesi si sviluppa attraverso diverse linee di indagine principali, che posso essere riassunte come segue. Le forme delle strutture voltate. Nel Quattrocento, le forme di un arco in uso - descritte nei trattati o realizzate nelle architetture - sono quella semicircolare, acuta e ribassata. Nel corso del Cinquecento cominciano a comparire i primi profili ovati e nascono anche quelle nuove curve che saranno meglio definite alla fine del Seicento grazie al calcolo matematico. Fra queste ultime si trova la catenaria, che rappresenta la forma che risponde meglio delle altre dal punto di vista statico. Sir Christopher Wren lascia una importante testimonianza di questa nuova forma, nonché di quella troncoconica, nella concezione della cupola della cattedrale di St. Paul a Londra. Fondamentale per il nuovo profilo è il supporto del suo amico e collaboratore Sir Robert Hooke. Gli studi sulla catenaria sono ripresi alla fine del Seicento grazie ai dibattiti avvenuti in seno alle Accademie di Scienze. Dopo i contributi di David Gregory e di Jacob Stirling, di carattere quasi esclusivamente matematico, gli studi sulla catenaria sono ripresi da Giovanni Poleni, e applicati all’architettura. Le Accademie hanno avuto un ruolo non trascurabile nella diffusione e nella promozione degli studi scientifici. La meccanica dell’arco, la spinta e il meccanismo del cuneo. Il concetto di spinta di un arco impiega oltre un secolo per arrivare a una formulazione compiuta di tutte le implicazioni tecniche. Le prime fondamentali considerazioni utili alla comprensione del fenomeno statico possono farsi risalire all’intuizione di una forza invisibile così come colta da Leonardo da Vinci, e le altre tappe fondamentali sono l’applicazione e l’individuazione dei centri di gravità discussi nell’ambito della statica dell’arco e in particolare da Bernardino Baldi; lo studio di Wren sull’equilibrio delle masse; la ricerca di Pierre Varignon sulla direzione e scomponibilità delle forze; le ricerche di Philippe de la Hire sul dimensionamento dei piedritti; e infine la messa a punto dei meccanismi di collasso da parte di Lorenzo Mascheroni. Matthäus Roriczer, Lorenz Lechler, Hernán Ruiz el Joven, Rodrigo Gil de Hontañón e Gines Martinez de Aranda, sono alcuni maestri del tardogotico che hanno lasciato importanti concetti di natura geometrica. Le prime nozioni quattrocentesche relative al meccanismo del cuneo sono riferite da Leon Battista Alberti, mentre il primo disegno finora noto di un arco volto a studiarne e rappresentarne la statica è di mano di Leonardo da Vinci. Le sue intuizioni in tema di statica degli archi colgono concetti fondamentali che fanno fatica ad imporsi nei due secoli successivi. Le prime riflessioni che tendono a far coinvolgere il mondo della meccanica in quello dell’architettura sono da ricondursi ai commenti fatti intorno alle questioni aristoteliche, e in particolare da Bernardino Baldi. Per poter fondare una regola universalmente valida, scrive anche Wren, è necessario fare uso della teoria dei centri di gravità, postulata per primo da Archimede. Alla fine del XVII secolo, lo studio della meccanica del cuneo è affrontato nuovamente da Philippe de la Hire, che ipotizza un meccanismo di collasso: egli ha compreso che la rottura di un arco è un fenomeno che può essere previsto e studiato. A partire da questi contributi, si moltiplicano gli studi per approfondire le ipotesi di De la Hire: i contributi principali sono di Antoine Parent, Henri Gautier, Bernard Forest de Bélidor, Claude-Antoine Couplet, Amédée-François Frézier e quello di Charles-Augustin Coulomb. Nel capitolo relativo alla teoria delle volte dotate di attrito e coesione il ragionamento si arricchisce di interrogativi e considerazioni che rendono il modello analizzato sempre più simile a quello reale. Coulomb intuisce e anticipa quello che nel 1785 Lorenzo Mascheroni codifica essere il più frequente meccanismo di rottura di un arco: quello che avviene per rotazione, ovvero per cedimento dell’arco in tre punti, determinati uno all’estradosso, in chiave, e due all’intradosso, all’altezza delle reni. Le regole grafiche empiriche. Le prime regole grafiche sono contenute nei già citati manoscritti di tradizione tardogotica, e in particolare quelli di Hernán Ruiz e di Martinez de Aranda. Una variante di queste è la regola grafica per il dimensionamento geometrico dell’arco resa nota da François Derand nell’Architecture des Voûtes. In questo testo, l’arco è ridotto alla linea di intradosso, privo di spessore e dell’indicazione dei conci o dell’altezza dei piedritti. Derand semplifica le informazioni che ritiene evidentemente superflue. La schematicità e semplicità del disegno è funzionale allo scopo dichiarato, quello di voler insegnare l’arte del trait. Poche, e generiche, sono le informazioni che François Blondel aggiunge a queste nel suo Cours d’Architecture, un testo che ha più fortuna e diffusione di quello di Derand, al punto che la stessa regola è oggi comunemente nota come anche “regola di Blondel”. Un’altra importante regola grafica è quella diffusa da Carlo Fontana nel Tempio Vaticano. Egli spiega quelle regole, che definisce occulte, e vuole svelare i segreti del buon costruire attraverso una serie di rapporti proporzionali fra le parti delle strutture, e in particolare delle cupole. Le cupole di Firenze, Roma e Parigi. Attraverso il confronto dei dibattiti sorti intorno alla stabilità delle cupole con quanto pubblicato o discusso in ambito accademico si dimostra che esiste un ritardo nell’applicazione della teoria alla pratica del cantiere. Persiste il ricorso alle regole grafiche empiriche per valutare la correttezza dei dimensionamenti delle strutture portanti. Per il cantiere di restauro settecentesco della cupola di Brunelleschi, Viviani sembra aver avuto un ruolo decisivo nel radicale cambiamento di opinione di Giovan Battista Nelli, Provveditore della cupola, che nel 1695 firma la Relazione come sostenitore per l’inserimento delle catene e pochi anni dopo ne sconsiglia vivamente la realizzazione. Si assiste a difficoltà evidenti riconducibili alla mancanza di certezza sulle cause del dissesto: questo perché esiste, a quel tempo, un’opinione e un modus operandi diffuso a sostegno dell’introduzione delle catene come unico intervento a garanzia della stabilità delle strutture. L’introduzione delle catene è utilizzata dagli architetti più autorevoli del tempo. Tra la fine del Seicento e la metà del Settecento, l’indeterminatezza e l’incertezza sui risultati faticosamente acquisiti si riflette nella coesistenza di pareri opposti e nei cambiamenti di opinione da parte dei protagonisti del dibattito. Nel cantiere della cupola di Michelangelo sono coinvolti non solo architetti ma anche nuovi interpreti invitati a esprimere il proprio parere: fra questi, si notano matematici, fisici e filosofi. La nuova teoria sugli archi e sulle volte è ormai ampiamente discussa in ambito accademico; la matematica sta prendendo corpo anche nelle altre discipline. Rimane indiscusso il ruolo dell’architetto, ma tende a formarsi un interesse per l’architettura da parte di scienziati operanti nel campo delle altre discipline. Nel dibattito persiste, saldamente, la teoria espressa da Carlo Fontana sull’esistenza di regole geometriche per il corretto dimensionamento della struttura vaticana. La tesi cerca di riproporre gli aspetti principali del dibattito: se l’attenzione si è finora concentrata principalmente sugli studi dei tre matematici e su quelli di Poleni, sembra necessario un ulteriore approfondimento per altri contributi che fino ad ora non hanno trovato adeguato spazio perché considerati di minore importanza. La cupola della chiesa di Sainte-Geneviève è un altro capitolo cruciale per la statica moderna. Il cantiere di Jacques-Germain Soufflot è innovativo, caratterizzato da un acceso dibattito. La teoria delle strutture voltate ha una grande influenza in questo cantiere: le ricerche e i risultati ottenuti in campo accademico sono chiamati in causa dai vari protagonisti per conferire autorevolezza alle proprie cognizioni. Si rispecchia, nelle argomentazioni intorno alla stabilità della cupola, l’incertezza che ancora tende a caratterizzare alcuni aspetti non completamente messi a fuoco nelle ricerche scientifiche. Rispetto al dibattito sui dissesti delle cupole di Firenze e Roma, gli argomenti sono ora più definiti. La particolarità del tema, e soprattutto il livello raggiunto dalle nuove scoperte matematiche, hanno estromesso dal dibattito i filosofi e gli anonimi interventisti digiuni dei necessari mezzi. La teoria è nota, la diffusione delle ricerche scientifiche non solo è ampia ma anche largamente condivisa e ricercata. Nei dibattiti intorno alla stabilità delle strutture, tuttavia, deve scontrarsi contro una prassi consolidata su regole empiriche, o presunte tali, che viene ciclicamente riproposta e trova credito presso l’opinione comune.

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