Abstract

L’architettura, come tutti sanno, è contemporaneamente pratica artistica e attitudine scientifica – così, almeno, stando allo statuto disciplinare che la storia ha confermato, pur nella mutevolezza del rapporto reciproco che queste due anime hanno stabilito fra loro nel tempo. Ogni epoca mostra la propensione verso l’una o l’altra delle due componenti. Oggi sembra prevalere l’aspetto artistico, se non altro per quanto riguarda la notorietà dei protagonisti della scena architettonica mondiale, considerati da un pubblico sempre più vasto quali autentici “creatori” di forme. A questo stato di cose fa riscontro un impegno crescente nel campo della sostenibilità che sembra muoversi su un terreno più propenso all’approccio “scientifico”. In questo caso, l’uso delle virgolette è d’obbligo per due ragioni: la prima riguarda l’impossibilità di tracciare una linea di demarcazione netta fra l'anima artistica e quella scientifica, mentre la seconda ha a che fare con le sempre più frequenti interferenze dei media che propongono letture distorte della produzione architettonica contemporanea. Questo è possibile grazie al fatto che tutto quanta riguarda la sostenibilità appartiene a una sfera di interessi autonoma e può applicarsi con facilità a qualunque tipo di architettura. Così le opere degli architetti più celebri sono viste come esempi del genio individuale e contemporaneamente come dimostrazioni della perfetta compatibilità fra "creazione" e responsabilità ambientale – o, allargando i termini del ragionamento, fra arte e scienza.

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